Salutato da una scarica di pioggia, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon ha visitato il Monastero di Dečani. Un incontro con Padre Sava, fortemente voluto dal Segretario Generale per comprendere le dinamiche presenti sul territorio, attraverso l&rsquo;esperienza maturata da chi ha sempre vissuto i tormenti di quest&rsquo;area dei Balcani.
L&rsquo;atmosfera e&rsquo; stata cordiale, una breve visita alla meravigliosa chiesa e successivamente un incontro privato presso il konak di Milo&scaron;.
Il Segretario si e&rsquo; premurato di assicurare la massima attenzione da parte delle Nazioni Unite sulla salvaguardia e tutela dei luoghi di culto ortodossi nella regione e Padre Sava ringraziando l&rsquo;ospite ha ricordato l&rsquo;eccellente lavoro svolto dalla Kfor (a guida italiana) nella protezione del Monastero di Dečani e del Patriarcato di Pec.
Padre Sava ha rammentato le disastrose condizioni di povert&aacute; ed emergenza in cui sono costrette a vivere svariate famiglie ed in particolare le famiglie serbe delle enclavi.
Il Segretario generale ha chiesto all&rsquo;Abate se riteneva ormai sicura l&rsquo;area, con grande garbo e senso politico, Padre Sava ha ricordato che anche nel marzo del 2004, prima dei tristi fatti noti come pogrom antiserbi (decine di chiese e monasteri distrutti in sole due notti), la situazione appariva superficialmente tranquilla.
Hanno parteciapato all&rsquo;incontro oltre alla delegazione Onu, una selezione di operatori umanitari che da sempre interagiscono in sinergia con il Monastero.<img alt="" src="/sites/default/files/u15/banky/dsc_3259.jpg" style="margin-bottom: 5px; margin-left: 10px; float: right; margin-top: 0px ! important; height: 133px; width: 200px;" />
Ban Ki Moon ha donato al Monastero di Dečani una cornice d&rsquo;argento di Tiffany con incise la propria firma ed il logo dell&rsquo;ONU, Padre Sava ha omaggiato il Segretario generale della guida al Monastero tradotta in dodici lingue e della speciale medaglia della nostra Associazione, lo Stefan Kralj in argento.

Ban Ki moon a Dečani

Il giorno di San Prokopije, al Monastero di Dečani &eacute; stato veramente molto lieto. Oltre alla Slava del caro Padre Prokopije, abbiamo avuto modo di festeggiare Evgeniy, un paracatudista ucraino, militare della Kfor, che si &eacute; battezzato nelle acque della Bistrica.
Ha officiato il rito il Cappellano militare ucraino Ieromonaco Kuksha del Monastero di Pociajev.
Evgeniy ha 33 anni e viene da M&icirc;kolaiv, una cittadina fluviale nei pressi del Mar Nero, vicina ad Odessa.
Il rito sulla Bistrica (pr. Bistriza il fiume di Dečani) &eacute; sempre molto suggestivo.
Potete visitare la gallery <a href="/gallery/il-battesimo-di-evgeniy">Il Battesimo di Evgeniy</a>.

Il Battesimo di Evgeniy

Il giorno 8 di luglio, secondo il calendario giuliano, ricorre la festivit&aacute; di San Prokopije. Tutti coloro che hanno avuto frequentazione con il Monastero di Dečani, conoscono Padre Prokopije, che oggi ha festeggiato il proprio Imendan (onomastico).
Padre Prokopije &eacute; il piu&rsquo; giovane monaco di Dečani, non vedente, &eacute; un uomo dallo spirito arguto e di una contagiosa simpatia. Il suo umorismo &eacute; proverbiale, a cominciare da quando urta deliberatamente qualche amico e gli si rivolge piccato: &ldquo;Amico, sei forse cieco?&rdquo; o quando saluta tutti prima di andare a dormire con un sorriso: &ldquo;Vidimose, ci vediamo&rdquo;.
Pubblichiamo qualche foto della cerimonia officiata dal Vescovo Jovan del Patriarcato di Peć ed una bella immagine di Padre Prokopije con il giovane Milo&scaron;, studente al seminario di Cetinje

Srećan imendan

Alle volte accade di restare in giro sino al tramonto, bisogna aiutare, portare cibo, ascoltare persone, trovare medici e medicine, alle volte anche case.
Alle volte sopraggiunge anche la stanchezza, ed allora ti siedi, distrutto dalla fatica, con Padre Ilarion, in una panchina di una vecchia piazzetta comunista nel villaggio di Gnjilane (Ghinilane) ed alle volte, se sei fortunato ed e&rsquo; сумрак (sumrak) l&rsquo;ora del crepuscolo in serbo, puo&rsquo; accadere che decine di bambini si facciano avanti, incuriositi dalla Nikon e puo&rsquo; nascere una gallery.
Visitala, si chiama <a href="/gallery/facce-da-gnjilane">Facce di Gnjilane</a>

alle volte a gnjilane

Le gallerie fotografiche del nostro sito, sono il risultato del contributo spontaneo di tanti amici e la dimostrazione dell&rsquo;affetto di artisti importanti come Giovanni Cocco, che ha firmato una splendida serie di Decani in bianco e nero.
Da oggi, anche la nostra amica e socia fondatrice Monika Bulaj, ci ha fatto un meraviglioso regalo, nove scatti datati 2005, realizzati in occasione della sua visita al Monastero con Paolo Rumiz e Moni Ovadia.
Antropologa e viaggiatrice, fotografa e reporter, Monika &egrave; nata a Varsavia. Vive a Trieste. Ha pubblicato per Repubblica, Corriere della Sera, National Geographic, GEO, Courrier International, East.
Autrice di diversi libri, con circa 60 mostre al suo attivo, tra New York e Il Cairo, ha ricevuto: Grant in Visual Arts di European Association for Jewish Culture 2004, Bruce Chatwin special award for the photography &quot;absolute eye&quot; nel 2009, The Aftermath Project Grant 2010, Premio Lucchetta 2011, TED Global Fellowship 2011.
Visita la gallery del nostro sito<a href="/gallery/decani-secondo-bulaj"> &ldquo;Dečani secondo Bulaj&rdquo;</a>

il regalo di Monika

Grazie alla scorta di Esther e Tino, due simpatici (e poco uniformati) militari tedeschi in servizio presso Eulex, abbiamo potuto visitare gli eremi che si trovano sopra il Monastero di Dečani, con il nostro amico e socio fondatore, nonch&eacute; fotografo e sopratutto abruzzese doc, Giovanni Cocco.
Padre Petar, come sempre,&nbsp; oltre a guadare per primo la Bistrica, ha guidato il gruppo lungo l&rsquo;impervio sentiero.
Le uniche costruzioni monastiche conservate fuori delle mura del monastero sono le celle dei monaci eremiti e le chiesette nelle grotte della gola del fiume. Poco lontano dal monastero, infatti, &nbsp;si trovano numerose caverne con i resti di costruzioni medievali, in cui i monaci vivevano da eremiti.
Nelle celle di Dečani abitava, pregava e creava l&rsquo;elite dei monaci serbo ortodossi. Le fonti scritte tramandano che gi&agrave; intorno al XIV secolo vi soggiornavano il grande Avraam, anziano e servitore di Dio, il grande padre Spiridone, uno tra i monaci pi&uacute; colti del suo tempo, il suo servitore Jacov, un uomo devoto di nobili origini. A loro si un&igrave; successivamente il famoso eremita Jefrem, pi&ugrave; tardi Patriarca serbo.
Si suppone che il citato padre Spiridone fosse il Patriarca della Chiesa Serba durante la battaglia del Kosovo, nel 1389.
Lo stato odierno dei romitori &eacute; complesso, da un lato si conservano emozionanti affreschi all&rsquo;interno delle grotte, risalenti al XIII secolo, in particolare le icone della Santissima Madonna di Belaja e dell&rsquo;Arcangelo Gabriele, dall&rsquo;altro constatiamo ogni anno un progressivo deperimento degli affreschi ed una costante profanazione attraverso scritte e graffiti.
In ogni caso, nonostante il caldo, lo stato di degrado, la difficolt&aacute;&nbsp; per individuare il percorso... la fatica per raggiungere gli eremi viene ripagata da una atmosfera stupenda di pace ed una rinnovata considerazione per tutti quei santi uomini che hanno trascorso in queste montagna la loro esistenza.

Gli Eremi

Un crimine efferato ha sconvolto la popolazione serba di Kosovo. Nella notte di ieri (6 luglio) sono stati uccisi all&rsquo;interno della loro casa di Talinovac, un villaggio nei pressi di Urosevac (appena trenta kilometri dalla capitale Pristina), con una modalit&aacute; da esecuzione capitale, un solo colpo alla testa da distanza ravvicinata (calibro 7,62), Milovan (58 anni) e Ljiljana (52 anni) Jevtic.
Milovan e Ljiljana erano una coppia di rifugiati, cioe&rsquo; di persone fuggite dal Kosovo in seguito alla guerra del &rsquo;99 e tornati alla propria casa dopo i pogrom del 2004. Gente umile, onesta, contadini che avevano deciso di rientrare in Kosovo per non subire l&rsquo;umiliazione dei campi profughi, di una vita da esule nel proprio paese.
Proprio nella loro casa hanno trovato la morte, all&rsquo;interno delle semplici mura di una casa dignitosa, che avrebbe dovuto proteggerli, regalargli nuovamente la speranza.
Questo brutale episodio &eacute; il culmine di una serie di intimidazioni che martirizzano da lungo tempo la comunit&aacute; serba: furti, piccole violenze, discriminazione etniche. Di fronte alla morte di questi contadini, non si pu&oacute; non rimanere impietriti, cos&iacute; come davanti i loro corpi sfigurati nell&rsquo;obitorio di Pristina. L&rsquo;ansia avvolge l&rsquo;intera comunit&aacute; a Talinovac, molti vorrebbero fuggire, il vecchio Milos dice con le lacrime agli occhi, in una intervista alla tv locale: &ldquo;resto per disperazione, perch&eacute; non ho dove andare&rdquo;.
Il Vescovo Teodosije ha cos&iacute; commentato il delitto: &quot;Il crimine brutale contro la famiglia Jevtic, cos&igrave; come le molte pressioni e intimidazioni che i serbi locali si sono trovati ad affrontare dopo il loro ritorno, dimostrano che siamo giunti al culmine della repressione etnica, il cui obiettivo &egrave; quello di &nbsp;costringere i serbi a lasciare le loro case e vendere le loro propriet&agrave; agli albanesi locali &quot;
La polizia del Kosovo, non ha ancora fermato alcuno, ma ha escluso la matrice etnica del delitto, senza giustificare in alcun modo la categorica esclusione. Nel frattempo, mentre la comunit&aacute; serba era riunita ed il villaggio presidiato da decine di agenti di polizia, &egrave; stata saccheggiata la casa di un&rsquo;altro rimpatriato serbo.
La paura a Talinovac &eacute; tangibile, si respira nell&rsquo;aria.

Terrore a Talinovac

Nessuno pu&oacute; spiegare meglio di Kristina, come si senta. E&rsquo; stanca, debole, ma una nuova linfa le scorre dentro, quella del fratello Stanko. L&rsquo;intervento di trapianto del midollo osseo eseguito dal Prof. Locatelli &eacute; andato tecnicamente benissimo. RIUSCITO! Dopo un lungo ciclo di chemioterapia, finalizzata a bombardare tutte le cellule cancerogene, &eacute; stato trapiantato, attraverso lo sterno, il midollo osseo del donatore, che dovrebbe rigenerare quello della nostra Kristina.
La piccola paziente &eacute; stata trasferita in una camera sterile, al riparo da qualsiasi contaminazione, dove trascorrer&aacute; il periodo necessario a costruire nuovamente tutte le difese immunitarie che adesso, dopo la terapia, risultano azzerate.
Siamo quindi giunti al momento tanto atteso, quello della svolta: riuscir&aacute; la nostra eroina a sconfiggere questo mostro? Confidando nella misericordia di Dio, noi ne eravamo certi nel freddo gennaio belgradese, figurarsi poi in questa calda estate romana.
Abbiamo visitato l&rsquo;ospedale con Padre Petar, non potevamo entrare, l&rsquo;accesso alle camere sterili ha un protocollo severo, ma volevamo essere vicini a Kristina, desideravamo farle sentire il nostro affetto, farci portavove dell&rsquo;amore di chi si e&rsquo; impegnato per la speranza, di chi ha testimoniato nei fatti la propria solidariet&aacute;, di chi non si e&rsquo; arreso davanti a niente.
Lezioni importanti, che abbiamo appreso in questi mesi da pap&aacute; Zoran e mamma Stanka, due esempi di saldezza, amore e devozione, che abbiamo ritrovato nei tanti amici serbi ed italiani che hanno voluto partecipare la loro vicinanza ai ai Milutinović.
A Kristina, abbiamo regalato un orologino, nel biglietto dal serbo improbabile, c&rsquo;era scritto: &ldquo;malo vreme&rdquo;. &ldquo;Poco tempo&rdquo;, perche&rsquo; ormai siamo giunti all&rsquo;epilogo ed il nuovo tempo che attende Kristina fuori dall&rsquo;ospedale&nbsp; &eacute; una giornata radiosa, senza nuvole, senza leucemia.
Tra una decina di giorni il responso definitivo, ma in equipe si respira un&rsquo;aria fiduciosa, ci credono, noi ci abbiamo creduto sempre.

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