Per chi è chiamato, come noi, a svolgere un lavoro umanitario che trovi il proprio senso non tanto nel denaro che riesci a racimolare, anche se questo rimane un dato importante, non tanto nell’eco di popolarità che il tuo lavoro riscontra, anche se ogni tanto farebbe piacere, non tanto nella sensazione liberatoria d’aver dato e quindi “assolto”; la necessità di aver chiaro il proprio obiettivo rimane una priorità ineludibile.
In questa sequenza, perdere motivazione, interesse, senso del lavoro è una tentazione strisciante.
Ti capita di innamorarti di un progetto, poi di perdere il significato complessivo del tuo operato e alla fine fai come tutti, la cosa più semplice, un sorriso su Facebook, un cuore su Instagram e se proprio vuoi esagerare, un bonifico bancario.
Poi ci sono i miracoli, quelli che ti restituiscono per intero il senso di ciò che sei chiamato a fare.
Nell’ottobre del 2021, tra la fine della pandemia e le nuove leggi che regolavano gli spostamenti, Aleksandar e Dragana di Šilovo, si rivolgono a noi per far valutare neurologicamente il proprio terzo figlio, nato con la pesante diagnosi di microcefalia.
La cura e l’attenzione di un’intera missione capitanata dal Dott. Dario Dilillo e il sostegno della Prof.ssa Brankica Pavić dell’Università Federico II, sede di Benevento, che non si rassegnano nemmeno per un secondo a pensare che la vita di Uroš sia sprecata o destinata esclusivamente alla sofferenza e determinano la più positiva delle ribellioni.
Dopo qualche viaggio in Italia e qualche missione fisioterapica “domiciliare” in Kosovo e Metohija, Uroš sorprende tutti e cammina, sorride felice, gioca, gode del prato e del sole ed ogni giorno supera un limite.
Quel bambino in miniatura, la cui esistenza secondo qualcuno, “doveva essere contraria alla vita”, ci insegna come un gigante, qual sia il senso più profondo del nostro passaggio su questa terra: partecipare con gioia alla bellezza del Creato.
Uroš è un miracolo e lo è anche il lavoro permanente di una equipe, che si applica sul territorio operativo e lontano dal territorio, ponendo le basi e le condizioni per assicurare la continuità delle missioni.
Un profondo grazie al prof. Gianvincenzo Zuccotti, al dott. Dario Dilillo e in particolare all’equipe medica che in questi anni si è dedicata a Uroš, sia a Milano che in Kosovo e Metohija, prof. Brankica Pavić, dott.ssa Stefania Bova, dott.ssa Raffaella De Santis, dott.ssa Giulia Zichichi, dott.ssa Erica Pendezza, dott.ssa Francesca Riccaboni, dott. Nicolò Garancini e dott. Andrea Biuso.
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